Qualche settimana fa discutevamo tra di noi (quelli di #terzastrada) della gragnuola di articoli apparsi sulle testate telematiche locali, inerenti le problematiche ambientali di Civitavecchia e del comprensorio.
Come succede ormai ad intervalli ricorrenti, ecco quindi riaccendersi il dibattito sul “chi inquina” o addirittura sul “chi inquina chi”, attraverso riferimenti, piuttosto fumosi per la verità, a studi che attesterebbero come il centro di Civitavecchia sia il primatista delle incidenze tumorali nel già desolante contesto cittadino (a tal proposito siamo in trepidante attesa che qualcuno tiri fuori i dati che supportino tale affermazione).
Considerando tutto lo strascico di polemiche che è seguito all’approvazione della recente AIA per la centrale a carbone di Torrevaldaliga Nord, forte è il sospetto che tale improvvisa e concentrata smania di informazione ambientale tipo “fast food” sia nella sostanza una forma più o meno mascherata di “nebbia di guerra”.
Il meccanismo è molto semplice: si utilizzano gli organi di informazione per mandare in giro notizie a volte parziali che si sovrappongono e sedimentano in successione nell’opinione pubblica e che impediscono la razionalizzazione dei problemi che, spiace dirlo, sono e rimangono molto complessi da affrontare. Ecco, questo bombardamento indiscriminato di dati, pareri, voci, sentito dire, somiglia molto ad una macedonia di elementi tagliati e sminuzzati finemente. Una volta che ci hanno servito questo piatto, diviene difficile se non impossibile risalire agli ingredienti che sono stati utilizzati.
In secondo luogo, dovrebbe essere chiaro quali possano essere le strumentalizzazioni in divenire, nel voler interpretare gli studi epidemiologici come prove scientifiche vincolanti, circa le responsabilità oggettive tra le tante attività industriali di cui ci fregiamo.
Ci preme fare chiarezza almeno su un aspetto incontrovertibile: l’inquinamento a Civitavecchia è dipendente da molteplici fattori e tuttavia tali fattori risultano distinguibili tra di loro. Quindi dalla macedonia noi vorremmo distinguere le pere dalle mele, le banane dalle ciliege e soffermarci per un attimo alle fragole.
Le emissioni in atmosfera sono tutte uguali?
No.
Utilizzando l’esempio di Civitavecchia possiamo dire che:
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Le emissioni da centrali termoelettriche alimentate a combustibili fossili sono sorgenti di emissione puntiformi. Hanno la caratteristica di presentare grandi masse annue emissive a fronte di grandi areali di distribuzione delle stesse. L’impatto ambientale deve essere valutato su scala di bacino o regionale.
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Le emissioni delle navi del porto sono sorgenti di emissione diffuse. Hanno la caratteristica di presentare masse emissive più ridotte, le quali sono però soggette ad un più piccolo areale di ricaduta. L’impatto ambientale è a scala locale e risente maggiormente del microclima soprattutto in una città soggetta a brezze marine.
Gli elementi chimici emessi dalla combustione sono simili?
Le due tipologie emissive non producono le stesse sostanze inquinanti, sia per quanto riguarda gli elementi chimici sia per quanto riguarda le possibili associazioni e trasformazioni in essere dopo l’avvenuta emissione.
Questo significa che ad esempio il particolato emesso dalla combustione del carbone sarà differente fisicamente (dimensione delle particelle e successiva dispersione in atmosfera da un camino alto 250 metri) e chimicamente (arricchimenti in determinati elementi chimici del particolato emesso) rispetto alle emissioni delle navi del porto. E’ noto ad esempio che la combustione del carbone sia la prima sorgente antropogenica (ovvero non di provenienza naturale) di Arsenico e Mercurio. La combustione del carbone implica anche delle problematiche ambientali dovute alle emissione di radionuclidi della catena dell’Uranio 238.
I controlli e i monitoraggi per l’impatto delle due tipologie di emissioni sono gli stessi?
No.
I monitoraggi per la valutazione dell’impatto ambientale dei fumi delle navi e per le emissioni della centrale a carbone non sono gli stessi.
Dal momento che come detto, i fumi delle navi hanno un impatto a scala locale, le centraline della qualità dell’aria posizionate in punti opportunamente studiati sono in grado di registrare eventuali variazioni dei parametri principali (Nox, Sox, Polveri) se incrociati con i dati meteorologici esistenti.
Le misure di qualità dell’aria dipendono fortemente dal microclima locale e possono essere anche molto influenzate dalla scala temporale utilizzata per l’elaborazione delle misure.
Le ricadute delle emissioni di una centrale a carbone invece presentano effetti sull’ambiente circostante che si manifestano sia con un’inerzia temporale maggiore sia con un’estensione spaziale maggiore. Ecco quindi che le centraline di qualità dell’aria non sono sufficienti dal momento che non sono in grado di valutare la ricaduta anche a grande distanza di particolato fine ricco di elementi pericolosi per la salute umana (e che sono soggetti a bioaccumuloa e biomagnificazioneb).
I monitoraggi ambientali per la valutazione dell’impatto di una centrale a carbone dovrebbero basarsi quindi sullo studio dell’eventuale arricchimento in determinate sostanze nei suoli e nei sedimenti marini e sull’utilizzo di opportuni strumenti (deposimetri), in grado di discriminare la tipologia di particolato che precipita e permetterne la successiva analisi chimica.
Tale monitoraggio dovrebbe essere esteso in modo da avere dei punti di controllo (definiti in gergo “bianchi spaziali”) al di fuori dell’area di influenza delle ricadute della centrale. Analogamente a questo monitoraggio comparativo di tipo spaziale andrebbe effettuato un monitoraggio dell’evoluzione temporale delle concentrazioni e dei parametri misurati (“bianco temporale”), cosa che è ottenibile attraverso carotaggi dei sedimenti marini o attraverso programmazione stagionale dei sondaggi dei suoli.
Tale approccio può essere poi esteso anche al comparto ambientale organico, ripetendo le analisi chimiche sia su organismi indicatori sia sulle piante o sui prodotti agricoli.
Non facciamo confusione
Riteniamo sia utile ribadire che i dati epidemiologici non possono e non debbano essere utilizzati per l’individuazione delle sorgenti di inquinamento. I dati epidemiologici fotografano un quadro generale, che nel nostro caso è di sofferenza, e attestano la cronicità di questo stato nel comprensorio di Civitavecchia.
Le problematiche ambientali e le conseguenti ricadute sullo stato di salute della popolazione, data la complessità enorme della materia, dovrebbero essere trattate con indirizzo logico (come sopra riportato) ed il corretto approccio tecnico, al fine di evitare confusioni e fraintendimenti.
Note:
a – Bioaccumulo: il trasferimento e aumento di concentrazione di elementi o sostanze tossiche nei tessuti degli organismi con cui entrano in contatto tramite acqua, suolo, sedimento e cibo.
b – Biomagnificazione: il processo di bioaccumulo di sostanze tossiche e nocive negli esseri viventi con un aumento di concentrazione di queste sostanze all’interno degli organismi dal basso verso l’alto della piramide alimentare.
Foto di Enrico Paravani©
1 Comment
giggi
23 Settembre 2013 at 8:44PERFETTO………CHIAREZZA E TRASPARENZA……………..