Come accennavo nel post di ieri, da qualche giorno il Ministero della Salute rende disponibile online una tabella riepilogativa della situazione italiana relativa al Covid19, ripartendo i dati per regione e permettendo così una interessante analisi di quello che accade nelle diverse aree del Paese.
Elaborando proprio i dati forniti dal Ministero mi sono appena imbattuto in un dato che mi ha decisamente meravigliato: il tasso di letalità (ossia la mortalità tra gli ammalati) da COVID19 nel Lazio è tra i più bassi d’Italia ed ha valori molto simili a quelli tedeschi, che meravigliano gli appassionati di statistica in questa triste fase storica per essere estremamente bassi rispetto ai dati nazionali di UK, Francia, Italia e Spagna.
La letalità da coronavirus nel Lazio si attesta infatti oggi ad un valore di poco superiore al 4,5%, estremamente simile al dato tedesco odierno, che stando ai dati dell’OMS è giunto al 3.78%. Nulla a che vedere con il tragico dato lombardo, record assoluto in Italia, con una letalità superiore al 18% (muore cioè quasi un paziente su 5).
Il dato è difficile da interpretare: la pandemia sta graziando il Lazio? Il tanto vituperato lockdown sta funzionando? Le contromisure messe in campo dalla sanità regionale si stanno rivelando efficaci? E cosa accadrà di fronte alla sventurata ipotesi che la malattia dovesse presentare una nuova fiammata epidemica durante i prossimi mesi invernali? Nel mondo scientifico è ben nota infatti la tendenza dei coronaviridae a ripresentarsi a cadenza stagionale e non credo si possa escludere con certezza che il dato complessivamente buono del Lazio sia in parte da intestare all’arrivo piuttosto tardivo della pandemia nella regione governata da Nicola Zingaretti. Il Lazio si sta preparando ad una ipotetica nuova stagione COVID nei mesi invernali? Si sono analizzati e corretti gli errori commessi dalle Direzioni Strategiche e dalla Regione nelle prime settimane di impatto con la pandemia?
Ritornando alle buone notizie, anche analizzando il numero complessivo di casi di contagio, corretto per numero di residenti, si conferma il grande divario che esiste tra le aree del Nord Italia, duramente colpite dalla pandemia, la nostra regione ed il Sud Italia. Si passa infatti dal record di 8.9 casi per mille abitanti della Val d’Aosta agli 0,6 della Calabria, passando per gli 1,1 casi/1000 residenti del Lazio. Quanto questo dato sia causato da diagnosi e tamponi non eseguiti è impossibile dirlo, non potendosi dimenticare come questa malattia esista per il Ministero unicamente dinanzi ad un tampone positivo. Se però è vero che ogni tampone negato ad un ammalato “censura” un dato dalla statistica, è anche vero che è praticamente impossibile negare l’esistenza di quei casi che, per sintomatologia severa, giungono in ospedale.
Il dato italiano di letalità da COVID19 appare quindi trainato verso l’alto dai dati raccolti nelle regioni del Nord, quelle che hanno incassato i focolai più pesanti della pandemia. Sta a chi governa apprendere la lezione che le regioni più ricche e meglio attrezzate del Paese hanno ricevuto dal coronavirus: la capacità di pianificare le giuste scelte strategiche è determinante in momenti come questo, altrimenti non rimane che affidarsi alla dea fortuna.